2013-09-03
2013-07-08
Corea del Nord e Corea del Sud a colloquio per riaprire il distretto industriale di Kaesong
Prove di dialogo su Kaesong |
Segnali di riavvicinamento tra Corea del Nord e Corea del Sud. Sono infatti ripresi da qualche giorno i colloqui sulla riapertura del complesso industriale di Kaesong, dove fino a tre mesi fa imprese sudcoreane operavano in territorio nordcoreano. Ma qual è il significato di questo passo diplomatico? Michele Raviart lo ha chiesto a Rosella Ideo, esperta ed analista geopolitica dell’Asia orientale.
R. – Kaesong ha rappresentato davvero, anche simbolicamente, questa cooperazione fra i due Paesi. E’ stato proprio il momento in cui uomini del sud e uomini del nord hanno in un certo senso collaborato, malgrado le ovvie restrizioni poste dal governo dei Kim.
D. – Quali sono le potenzialità di questa zona in chiave di riappacificazione?
R. – Kaesong doveva essere ancora migliorata in modo da creare i motivi di fiducia tra le due popolazioni. Naturalmente Kaesong è una zona industriale relativamente piccola, dove però c’erano oltre 120 piccole imprese sudcoreane, con duemila operai e circa 25 mila impiegati che lavoravano sia all’interno, sia con i subappalti, etc. Soprattutto, c’erano 53 mila operai nordcoreani. Tutto questo ha portato a circa 90 milioni di dollari di guadagni.
D. - Il regime nordcoreano alterna momenti di tensione a momenti di distensione. Qual è invece la posizione della Corea del Sud?
R. – C’è da considerare che nel governo della sig.ra Park, che è un governo conservatore, molti sono i falchi che vogliono continuare a mantenere un atteggiamento di durezza nei confronti del nord, a meno che non si privi dell’arma nucleare che tra l’altro è l’unico atout di cui dispone la Corea del nord. Quindi questi rapporti sono molto tesi ed è difficile a questo punto vedere di chi è la colpa. C’è una mancanza totale di fiducia tra i due governi.
D. – Abbiamo parlato di nucleare. Come viene visto il problema sia dalla Corea del sud sia, a questo punto, a livello internazionale?
R. - La questione nucleare è una questione che va vista nel contesto della geopolitica dell’Asia nordorientale e cioè degli interessi geopolitici delle grandi potenze, soprattutto degli Stati Uniti e della Cina. Gli Stati Uniti stanno tornando in Asia in forze. Stanno spostando tutte le forze militari in questo scacchiere e l’idea è di controllare in un certo senso la Cina. La Cina se ne rende perfettamente conto e non penso mollerà mai il regime dei Kim che la mette in imbarazzo molto spesso. La sfida sino-americana non permette a questa povera penisola di decidere da sola le sue sorti.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/07/08/corea_del_nord_e_corea_del_sud_a_colloquio_per_riaprire_il_distrett/it1-708140
del sito Radio Vaticana
2013-04-02
Il leader della Corea del Nord ribadisce rafforzamento dell'impegno nucleare
La Corea del Nord annuncia il riavvio del reattore nucleare fermato nel 2007. Il leader kim Jung, nel discorso ieri alla nazione in occasione della riunione plenaria del Comitato centrale del Partito dei Lavoratori, ha affermato che gli armamenti nucleari costituiscono ''un deterrente'' rispetto alla guerra. Pyongyang da giorni minaccia Stati Uniti e Corea del Sud, impegnati in vaste manovre militari nell'ambito di operazioni annuali. Il servizio di Fausta Speranza
Kim Jong-un promette di rafforzare l’impegno nucleare assicurando il lancio di altri satelliti. Con una popolazione allo stremo, parla di “necessità di accelerare lo sviluppo economico e punta il dito contro i 'nemici', a partire dagli Usa, che – sostiene - cercano di ''ostacolare il miglioramento economico'' della Corea del Nord. Da giorni la tensione è molto alta nell’area anche se effettivamente non si registrano “mobilitazioni su larga scala e riposizionamenti significativi di truppe nordcoreane”. Washington fa sapere che la Cina ha messo in stato d'allerta le sue truppe sul confine con la Corea del Nord. Pechino, alleata storica di Pyongyang ma sempre meno disposta ad assecondarne tutte le mosse, mantiene una forte presenza militare sul confine nel timore che uno sgretolamento del regime porti ad un massiccio afflusso di profughi sul suo territorio. Da parte sua la presidente della Corea del Sud, dopo lo ''stato di guerra'', annunciato sabato da Pyongyang, ha affermato che se c'è una provocazione contro la Corea del Sud e la sua gente, ci dovra' essere una risposta forte iniziale senza alcun tipo di considerazione politica''.
In particolare sulla posizione della Cina, ascoltiamo,al microfono di Cecilia Seppia, la riflessione di Rosella Ideo, docente di Storia politica e diplomatica dell’Asia orientale all’Università di Trieste:
R. - Direi che la Corea del Nord sta giocando una partita molto pericolosa. È chiaro che questo è dovuto alle ulteriori sanzioni che hanno colpito il Paese dopo il terzo test nucleare il 12 febbraio; da allora è partita questa escalation che veramente sta preoccupando tutti gli osservatori.
D. - La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato questo invio, da parte della Casa Bianca, di due bombardieri B2 che possono essere dotati sia di armi convenzionali sia nucleari. Quindi, in primo piano c’è la presa di posizione degli Stati Uniti, però ci sono altre potenze che entrano in gioco, come la Cina che non ha per niente un ruolo neutrale, come molti pensano invece…
R. - È vero! La Cina - tra l’altro - è quella che può risentire di più di una presenza militare americana aumentata nell’area. Ed è altrettanto vero che la Cina è l’unico “puntello”, da tutti i punti di vista, per la Corea del Sud perché gli fornisce energia, beni di consumo, infrastrutture, aiuti… La Cina, da un certo punto di vista, vuol vedere il gioco degli Stati Uniti, ma nello stesso tempo, si è sempre comportata calmierando le intemperanze sia degli Stati Uniti che della Corea del Nord. Però, in termini di potenza internazionale ha votato le sanzioni seguite al terzo test nucleare del 12 febbraio per dare l’immagine di essere una potenza responsabile.
D. - Nella Corea del Nord si sta formando una fazione che combatte il regime, e questa è la prima volta che succede. Che ruolo potrebbe aver questa “forza politica” in questo caso, ma anche più in generale in quello che è il regime di Pyongyang?
R. - È una possibile frangia interna, perché non possiamo parlare di una frangia politica. Teniamo ben presente che proprio in Corea del Nord esiste un regime di controllo talmente stretto, che la possibilità che si possa formare un’opposizione vera e propria che abbia la capacità di detronizzare questo terzo Kim, e quindi di cambiare le regole del gioco interno, è difficilissima. Bisognerebbe che le Forze armate coagulassero contro il regime di Kim Jong Un, cosa che non vedo possibile, anzi! Kim Jong Un sta dando queste prove 'muscolari', proprio per avere l’appoggio delle Forze armate. Ricordiamo anche che tutte queste reazioni di Kim, sono dovute al fatto che per la prima volta il 21 di marzo, l’Human Rights Council dell’Onu ha emanato una risoluzione per stabilire una Commissione di inchiesta che miri a valutare la sistematica violazione dei diritti umani che avviene in Corea del Nord. Effettivamente si ha una percezione atroce della situazione dei diritti umani nel Paese, con i campi di concentramento..ecc.
D. - Lei diceva “violazione dei diritti umani”, ma anche una situazione di povertà e di crisi molto evidente - che ovviamente riguarda la Corea del Nord - e che in qualche modo limita, allontana quel processo di riunificazione di cui si parla tanto…
R. - Io direi che in questi ultimi tempi, l’idea di una riunificazione appare assolutamente lontana. In questo momento sarebbe qualcosa di disastroso per la ricca e democratica Corea del Sud.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/04/02/il_leader_della_corea_del_nord_ribadisce_l%E2%80%99impegno_per_le_arm/it1-678838
del sito Radio Vaticana
2013-02-12
Il gioco delle parti: minacce, provocazioni e sanzioni
Nella
penisola coreana la tensione è all’apice. Minacce e provocazioni della Corea
del nord seguono uno schema corroborato fin dalla firma dell’armistizio del
1953 che segnò la fine della guerra “calda” di Corea. Ma le sanzioni, comprese le
ultime del Consiglio di Sicurezza dell’Onu a seguito del terzo test nucleare
nordcoreano, non impediranno a Pyongyang di privarsi di quest’unico asso nella
manica, che ha consentito a tre generazioni di Kim, nell’ultimo ventennio, di
preservare il potere una volta finita la guerra fredda. Il nodo gordiano è
rappresentato dallo scontro pluridecennale fra Washington e Pyongyang. Il
piccolo paese vuole la firma della pace con gli Stati Uniti per rientrare nella
comunità internazionale (con tutti i benefici economici connessi) e vuole il
riconoscimento del suo nuovo status di paese nucleare. Nell’immediato, Kim
Jong-eun mira al dialogo diretto con Washington. Pare che gli Stati Uniti
stiano rivedendo la politica seguita dal 2008 ad oggi: una strategia di
indifferenza corretta da un rincaro di sanzioni in risposta alle provocazioni
del regime. Il “ritorno in Asia”, con lo spostamento di truppe e armamenti
nella regione, inquieta la Cina ed esige un gesto di buona volontà. Il governo
cinese, al contrario, ha continuato a puntellare Pyongyang con aiuti economici
e investimenti: per non ritrovarsi, in caso di crollo di un regime, una Corea
riunificata sotto l‘egida americana; ha perciò chiarito che le sanzioni non
sono “la soluzione fondamentale”, ma che occorre tornare a un tavolo negoziale.
Park Geun-hye (figlia del dittatore che guidò con pugno di ferro la
modernizzazione del suo paese), appena insediatasi alla presidenza della Corea
del sud costituisce un’altra incognita. In campagna elettorale la “regina di
ghiaccio” del partito conservatore aveva promesso di essere disposta ad una
politica più flessibile con il terzo Kim di quanto non sia stata quella
intransigente del suo predecessore, Lee Myun Bak. Adesso retorica bellicista e tensione sono alle
stelle da ambo i lati del 38° parallelo, anche perché sono iniziate le manovre
militari congiunte (dal 9 al 21 marzo) fra Corea del sud e Stati Uniti. Si
temono incidenti più o meno cruenti con Seoul, come nel passato, anche se di solito
non avvengono quando tutti se l’aspettano. E’ bene tuttavia non dimenticare,
come ha sottolineato il quotidiano progressista sudcoreano Hankyoreh, che “l’emergenza
nucleare è dovuta all’ansia di questo paese per la sua sicurezza”.
2011-12-20
Corea, morto un Kim se ne fa subito un altro
La notizia della morte di Kim Jong-il, che ha retto le sorti della Corea del nord nel periodo più buio e drammatico della sua storia, è stata data alla TV di stato da un’annunciatrice in lacrime e gramaglie. Che cosa succederà adesso? L’erede designato, Jong-eun, riuscirà a tenere unito un Paese che non si è più ripreso dalla carestia del 1995? Un terzo della popolazione vive al di sotto la soglia di povertà e la denutrizione ha segnato intere generazioni. Quando nel 1994 muore Kim Il-sung , fondatore dell’unica dinastia socialista del pianeta, Kim Jong-il ha alle spalle una lunga esperienza di governo a fianco del padre. Il giovane Jong-eun no.
Non ha né la sua maturità né la sua preparazione. Della sua biografia si sa molto poco. Ha 27 o 28 anni, ha studiato in Svizzera, ha prestato servizio nell’esercitoed è stato nominato generale a quattro stelle e infine nella Commissione di difesa nazionale, vero centro di potere dell’establishment.
In questa preparazione accelerata per la sua successione, il leader Kim ha creato un primo anello di sicurezza intorno al figlio, composto da sorella e cognato, Jang Song-taek, il più potente fra i 4 vicepresidenti della Commissione, presieduta dallo stesso Kim. I vecchi generali delle forze armate, che controllano ogni parte del Paese, sono la seconda garanzia di stabilità politica. In questo contesto la personalità di Jong- eun è meno importante dell’accordo di massima fra le varie componenti militari e civili dell’establishment: stringersi intorno all’erede, anche se figura di comodo, per mantenere l’unità e portare avanti i compromessi necessari nel segno della continuità. E’ probabile che l’anno prossimo, alle celebrazioni per il centenario della nascita di Kim Il-sung, l’élite si presenterà unita. Il periodo di lutto per la morte di Kim Jong-il, lungo tre anni come tradizione vuole, dovrebbe concedere il tempo necessario per mettere a punto gli equilibri interni e dare più spessore all’evanescente Kim.
Se fosse questo lo scenario, è probabile che l’erede e i suoi consiglieri rafforzeranno i legami con la Cina, unica fonte di aiuto anche nei momenti di massimo isolamento del Paese, ancora sotto sanzioni internazionali dopo il primo test nucleare del 2006, e proseguano le trattative in corso per riprendere i
colloqui a sei (le due Coree, Cina, Usa, Russia e Giappone) sull’eventuale denuclearizzazione della Rpdc interrotti nel dicembre 2008.
Non si possono escludere però scenari più drammatici. Una lotta di potere al vertice o una divisione fra gli stati maggiori e i comandi militari provinciali, ad esempio. Ma la sopravvivenza della Rpdc dopo la dissoluzione dell’Urss e la fine della maggior parte dei Paesi comunisti impone, a vent’anni di distanza, cautela nel prevedere l’implosione dello stato nordcoreano.
pubblicato 20 dicembre 2011 in Terra - terranews.it
Non ha né la sua maturità né la sua preparazione. Della sua biografia si sa molto poco. Ha 27 o 28 anni, ha studiato in Svizzera, ha prestato servizio nell’esercitoed è stato nominato generale a quattro stelle e infine nella Commissione di difesa nazionale, vero centro di potere dell’establishment.
In questa preparazione accelerata per la sua successione, il leader Kim ha creato un primo anello di sicurezza intorno al figlio, composto da sorella e cognato, Jang Song-taek, il più potente fra i 4 vicepresidenti della Commissione, presieduta dallo stesso Kim. I vecchi generali delle forze armate, che controllano ogni parte del Paese, sono la seconda garanzia di stabilità politica. In questo contesto la personalità di Jong- eun è meno importante dell’accordo di massima fra le varie componenti militari e civili dell’establishment: stringersi intorno all’erede, anche se figura di comodo, per mantenere l’unità e portare avanti i compromessi necessari nel segno della continuità. E’ probabile che l’anno prossimo, alle celebrazioni per il centenario della nascita di Kim Il-sung, l’élite si presenterà unita. Il periodo di lutto per la morte di Kim Jong-il, lungo tre anni come tradizione vuole, dovrebbe concedere il tempo necessario per mettere a punto gli equilibri interni e dare più spessore all’evanescente Kim.
Se fosse questo lo scenario, è probabile che l’erede e i suoi consiglieri rafforzeranno i legami con la Cina, unica fonte di aiuto anche nei momenti di massimo isolamento del Paese, ancora sotto sanzioni internazionali dopo il primo test nucleare del 2006, e proseguano le trattative in corso per riprendere i
colloqui a sei (le due Coree, Cina, Usa, Russia e Giappone) sull’eventuale denuclearizzazione della Rpdc interrotti nel dicembre 2008.
Non si possono escludere però scenari più drammatici. Una lotta di potere al vertice o una divisione fra gli stati maggiori e i comandi militari provinciali, ad esempio. Ma la sopravvivenza della Rpdc dopo la dissoluzione dell’Urss e la fine della maggior parte dei Paesi comunisti impone, a vent’anni di distanza, cautela nel prevedere l’implosione dello stato nordcoreano.
pubblicato 20 dicembre 2011 in Terra - terranews.it
2011-12-19
Rosella Ideo su Radio Onda d'Urto
L’analisi di Rosella Ideo, docente di storia e politica diplomatica Asia Orientale, su Radio Onda d'Urto.
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